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equilibrio_interioreQualche giorno fa, tornando in treno da un corso di formazione, mi è capitato di ascoltare il dialogo fra due ragazze sedute non lontano da me, che stavano facendo ritorno, molto probabilmente, anche loro a casa, dopo aver partecipato a qualche evento o qualche festival.
Parlavano apertamente di quello che per loro significava acquisire equilibrio interiore e ovviamente nel discorso uscì fuori anche l'idea di cosa significasse vivere seguendo un certo tipo di spiritualità, qualcosa che una delle due ragazze sembrava praticare quotidianamente e che le permetteva di usare verso l'amica un certo tipo di tono, più da esperta....mentre l'altra ascoltava con interesse, intervenendo, di tanto in tanto, per dire la sua.
 
Mi misi a pensare a questo concetto e a quanto fosse importante la sua comprensione; la capacità di mantenere equilibrio interiore nella nostra vita è veramente un'abilità che moltissime persone sentono di non possedere, e consci di questo, si sbattono a destra e a sinistra alla ricerca smodata di questo equilibrio.
 
Rapito da questo pensiero, ho cominciato a vagare per la mia mente, cercando di scovare un filo conduttore che mi permettesse di capire in quanti modi l'uomo finora ha concepito l'idea di acquisire equilibrio interiore.
 
In effetti non è raro che vi possiate imbattere in amici o amiche che da qualche anno si sono incamminate attraverso una qualche forma di pensiero spirituale, più o meno buddhista o indiano, in cui questo concetto viene portato alla luce della coscienza.
Io stesso ho molte amiche che seguono gruppi buddhisti di "preghiera" o come dicono alcuni impropriamente di "sviluppo personale" (come se la religione si occupasse di sviluppare la coscienza del singolo...;-) ...ma soprassediamo!).
Per il buddhismo uno dei concetti principali è quello di equanimità, cioè un particolare stato d'animo che permette all'individuo di trovarsi sempre lontano da emozioni di intensità estrema.
Per un praticante di buddhismo le emozioni rappresentano sempre una qualche forma di attaccamento, questo è il racconto che gli viene fornito, e quindi risulta logico che tutto acquista un senso solo quando il praticante si cimenta in questa ricerca, la ricerca di un particolare stato emotivo che non porta con sé alcuna caratteristica predominante se non quella di essere una non-emozione, che includa in un certo senso l'inizio di tutte le emozione senza essere poi caratterizzato da alcuna intensità particolare; d'altronde quando la tua ideologia ti insegna che le emozioni rappresentano un ostacolo per la tua crescita allora la ricerca di quell'equilibrio interiore diventa il fuggire dalle intensità, dalle caratterizzazioni estreme, dalle emozioni totalizzanti.

platone raffaelloI grandi Maestri del passato ci vengono sempre raccontati come individui "speciali", individui che sapessero operare scelte corrette attingendo a determinate parti di sé; come persone che, quando era necessario prendere delle decisioni o veniva loro chiesto di dirimere questioni, riuscivano a "vedere" i problemi in un modo diverso, in un modo privo di ansie e paure, in un modo privo di compulsività e scelte reattive.
Si potrebbe proprio dire che la caratteristica principale del "saggio Maestro", così come la descrivono più o meno tutti i racconti che ci sono pervenuti, sia proprio quella di saper utilizzare la propria esperienza come una banca dati di risorse, cui poter attingere al momento ed estrapolare le informazioni necessarie per esaminare una determinata questione, nella maniera più "obbiettiva" possibile.
Pensiamo alle storie che sono giunte fino a noi sul saggio Re Salomone che di fronte a questioni delicate e quasi irrisolvibili, riusciva a giudicare e al contempo elargire equità e giustizia fra i contendenti.
Pensiamo a grandi filosofi e saggi orientali come Confucio e Lao Tze che di fronte a guerre e turbolenti intrighi di palazzo, hanno saputo sempre "vedere" il bene nelle persone nonostante vivessero in contesti pieni di pregiudizi e sospetti, e, quando interpellati, hanno sempre saputo trovare soluzioni perfettamente adatte ed inerenti le questioni che dovevano essere risolte.
Le storie ci raccontano che il diventare Saggi coincide proprio con il saper prendere decisioni "senza avere occhi velati da emozioni fuorvianti".
Ma come si può ottenere questa condizione?
Più di 2000 anni di Filosofia della Mente ha determinato che noi come individui non possiamo desiderare una condizione dell'essere che sia priva di qualsivoglia emozione.
Pensaci, anche l'apatia stessa è un' emozione.
È una emozione anche l'equanimità, cioè il vivere con una emozione di fondo che sia sempre perfettamente equilibrata "tra emozioni opposte".
In qualsiasi condizione della mente ci troviamo, quella sarà un'emozione!
Sicuramente non esistono termini linguistici che possano nominare e descrivere TUTTE le emozioni, esse sono infinite, e così ogni lingua su questo pianeta definisce solamente ALCUNE emozioni principali, condivise dalla maggior parte di persone di quella particolare cultura, ad esempio emozioni condivise sono la GIOIA, la TRISTEZZA, la PAURA, l'OTTIMISMO, ecc...

Nel primo articolo che ho scritto e che ho pubblicato il 24 Febbraio 2014, "LA MATRICE DELLE CATEGORIE: CHE SCELTE COMPIAMO NELLE NOSTRE RELAZIONI QUOTIDIANE?", ho introdotto per la prima volta il concetto di ATTUATORE, e tramite degli esempi ho cercato di farti comprendere come essi siano, ogni qual volta ci prefiggiamo di ottenere uno scopo preciso, la "bussola" del nostro quotidiano agire.
Se non hai ancora letto quell'articolo fallo ORA, LINK DIRETTO.
Gli esempi che avevo fatto nell'articolo raccontavano l'utilizzo degli ATTUATORI nel gioco della seduzione uomo-donna, e spiegavano il perché alcune tipologie di ragazze siano attratte da alcuni ASPETTI e altre invece ne valorizzassero altri, presenti nel sesso opposto.
Il concetto di ATTUATORE fa coppia con quello di ATTRATTORE, cioè QUALI ASPETTI realmente ci affascinano del prossimo, all'interno del vasto mondo dei comportamenti.
 
Molte persone, molti ragazzi ad esempio, si impegnano per APPARIRE in un certo modo per poi, successivamente, scoprire che quel "modo" non interessa a nessuna ragazza.
Anche molte ragazze si comportano così; basti pensare a quante teenager si fissano col voler apparire magre quando intorno a loro, ai ragazzi, piacciono ragazze più in carne.
 
Mentre un ATTRATTORE quindi è un elemento che ci affascina, ci seduce, posseduto da qualche altra persona (cioè che CI ATTRAE VERSO DI LUI); un ATTUATORE è una "energia", una forza emotiva, che nasce da una RAPPRESENTAZIONE che ci siamo fatti e che ci spinge a COMPORTARCI o a NON-COMPORTARCI in un determinato modo, in base a ciò che NOI abbiamo ritenuto affascinante per NOI STESSI.
 
Oggi entreremo meglio nello specifico :-)
 
COSA SONO, QUINDI, GLI ATTUATORI?
 
Il concetto di ATTUATORE è di natura prettamente RAPPRESENTAZIONALE, e si potrebbe affermare che la sua comprensione sia di fondamentale importanza all'interno del MIGLIORAMENTO PERSONALE inteso come EVOLUZIONE DEL PROPRIO SÉ.
A questo proposito di consiglio di leggere l'articolo che ho pubblicato il 16 Aprile 2014, "EVOLUZIONE PERSONALE: I TRE LIVELLI DEL MIGLIORAMENTO PERSONALE". LINK DIRETTO.

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